ABRUZZO 1

“LEGAMBIENTE PREMIA IL 72% DEI COMUNI ABRUZZESI: IN 220 SONO RICICLONI”


La media regionale di raccolta differenziata sale al 62,6%, crescono i comuni rifiuti free
L’economia circolare tra i pilastri della ripartenza

L’edizione dell’EcoForum Abruzzo pone l’attenzione sull’orizzonte di una Europa verde, digitale e resiliente. Per far si che ciò accada, l’economia circolare deve essere uno dei pilastri della ripartenza per il decollo di una delle più importanti eccellenze industriali ed economiche del nostro Paese e della nostra regione. Non mancano esperienze, conoscenze e motivazione di tutti i soggetti coinvolti: quello che serve, sono la determinazione e l’incisività di chi governa e amministra il Paese e il territorio, nel definire e praticare il contesto e gli strumenti adeguati. Il rapporto regionale 2020 di Legambiente fotografa una crescita complessiva del 13% dei comuni ricicloni (r.d. superiore al 65%) rispetto allo scorso hanno e arrivano a 220 su 305 (il 72%) e salgono anche il comuni rifiuti free, che hanno la produzione dei rifiuti non recuperabili al di sotto dei 75 Kg/anno/abitante, al 29% (+7%), con la media regionale di raccolta differenziata pari al 62,6% (+2,9%) e 171 kg/a/ab di secco residuo.


La distribuzione territoriale, però, non è omogenea con la provincia di Chieti più avanti rispetto alle altre. Su questo è determinante spingere sull’impiantistica del riciclo e recupero di materia prima seconda dentro ogni provincia, sul miglioramento della raccolta differenziata e applicare il sistema di tariffazione puntuale su tutto il territorio, in nome del principio chi inquina paga. Il recepimento del pacchetto di direttive europee sull’economia circolare ha definito il contesto in cui occorre muoversi da qui ai prossimi anni. Il raggiungimento, nei tempi previsti, degli obiettivi che l’Europa e anche l’Italia si sono prefissati, avverrà, però, se si faranno i giusti passi.

L’ Abruzzo ha appena definito una legge sull’economia circolare a nostro avviso ancora troppo timida e incentrata sull’emergenza discariche, ma che mostra degli elementi propositivi su questi nuovi obiettivi. Il limite massimo del 10% di rifiuti conferiti in discarica al 2035 introdotto dalla direttiva (UE) 2018/850 ed il principio di autosufficienza, già in atto in Abruzzo dallo scorso anno come da Piano regionale dei rifiuti, dovrebbero garantire questo percorso. Affatto scontato, se tuttavia, non ci si impegna a garantire la rete impiantistica necessaria per diffondere gli impianti per la produzione di materia prima seconda e per chiudere il cerchio. Un esempio tra tutti, sono gli impianti di digestione anaerobica per la produzione di biometano e compost dalla frazione organica, oggi ancora in stallo sul territorio. Per la loro realizzazione occorre una buona pianificazione a monte, progetti di qualità e un dibattito pubblico, che preveda l’avvio di percorsi partecipativi che ne accompagnino la realizzazione. Questa è la strada per uscire dalla discarica.


Importante è l’attenzione nell’attuare l’impianto normativo a supporto dello sviluppo dell’economia circolare, creando lo sbocco sul mercato dei prodotti e delle materie prime seconde. Su questo abbiamo un importantissimo strumento, quello del Green public procurement (Gpp). Circa 170 miliardi di euro di spesa pubblica possono essere orientati verso la sostenibilità. Oggi il Green deal europeo vede nel Gpp uno
strumento indispensabile e l’Italia è il primo Paese in Europa ad aver introdotto l’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi. Dobbiamo mantenere questo primato. E per farlo occorrono un grande progetto per la
formazione della pubblica amministrazione e un’attività costante e diffusa di controllo del rispetto dalla normativa vigente.
Ulteriore elemento, è penalizzare economicamente chi oggi smaltisce di più e premiare i più virtuosi in modo davvero efficace, attraverso la revisione del sistema dell’ecotassa, con l’obiettivo di ridurre il rifiuto indifferenziato in favore di riciclo, prevenzione e riuso dei materiali. Ovviamente, una diffusa rete impiantistica insieme ad un corretto ciclo dei rifiuti, basato sulla produzione di materia prima seconda, non possono prescindere da un adeguato sistema di controllo pubblico ambientale.


“Di fronte all’emergenza sanitaria che stiamo attraversando – dichiara Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo – l’economia circolare permette di incrementare un nuovo sistema sostenibile di fare impresa, rispondente anche alla sfida climatica, con vantaggi per gli imprenditori, i cittadini e l’intero pianeta. Questo modello, insieme alla potenza di fuoco finanziaria dei programmi ordinari e straordinari messi in campo dalla UE, rappresentano un’occasione storica, che non possiamo perdere, per la Next
Generation.

Nell’occasione, è stato realizzato anche un focus sul progetto ECCO (Economie Circolari di COmunità), finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e dedicato a diffondere l’economia circolare. Già
avviati 16 Ri-hub, poli territoriali che formano giovani e soggetti in condizione di marginalità verso i green jobs. Quello di Pescara è attivo dentro la stazione centrale. Obiettivi del progetto sono: diminuire la produzione di rifiuti e incentivare i cittadini ad adottare stili di vita
sostenibili, formare i giovani verso i green jobs e stimolare l’imprenditoria giovanile nel settore dell’economia circolare. Il tutto dando alle attività una forte valenza di carattere sociale grazie al coinvolgimento di persone socialmente deboli e coinvolgendo disoccupati e neet. Il nucleo principale delle attività di progetto sono i Ri-hub, poli di “cambiamento territoriale” che coinvolgono cittadini, insegnanti, studenti e rappresentanti di associazioni ed istituzioni in attività di educazione alla sostenibilità e di
promozione dei principi dell’economia circolare, oltre che di formazione diretta all’attivazione di filiere economiche sostenibili.
ECCO coinvolge cittadini, insieme a scuole e associazioni, in iniziative pubbliche e ad attività di laboratorio per apprendere le pratiche del riuso e della rigenerazione dei beni, alla base dell’economia circolare, con un
accento particolare sull’inclusione.


Secondo le ultime previsioni di Unioncamere-Anpal, aggiornate a febbraio 2020, i posti di lavoro destinati alle professioni legate all’economia circolare sono 1 milione, 672mila e 310. Il dato, rilevato appena prima della crisi sanitaria, dimostra una grande mobilità in ingresso. Inoltre, nel 2019, il 78,8% delle imprese italiane ha richiesto competenze green, non solo a chi possiede un titolo universitario (83,1%), ma anche a neodiplomati (78,1%) e a chi si affaccia al mondo del lavoro subito dopo le scuole dell’obbligo (79,8%). Le competenze verdi si confermano abilità con un altissimo potenziale occupazionale, e non solo per ‘addetti ai lavori’: tra le professioni chiamate ad affinare le abilità green, cuochi, gestori di bed and breakfast e
agriturismi, addetti all’assistenza e alla sorveglianza di adulti e bambini, ma anche falegnami, fabbri, estetisti e webmaster. Tutte figure che mostrano un elevato Indice Green, percentuale che misura il potenziale di risparmio energetico e sostenibilità ambientale della singola professione. Le filiere circolari, così individuate, intendono stimolare la formazione alle competenze verdi, rivolgendosi in particolare ai soggetti più fragili e facilitare il delicato e sempre più urgente processo di inclusione sociale.


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